Dopo aver centrato il ventesimo posto nella categoria Master all'Appenninica MTB Stage Race del 2023, il biker battipagliese Giuseppe Calabrese, quest'anno, si è ripetuto compiendo un'impresa ancora più leggendaria!
Infatti il docente universitario con la passione per la mountain bike ha portato a termine, unico italiano in gara, l'estenuante MB Race Ultra Somfy Marathon!
Lasciamo al diretto interessato il compito di illustrare ai nostri lettori l'impresa della quale è stato capace!
I chilometri percorsi e la durata della corsa sono, forse, l'aspetto meno "significativo" dell'improba sfida che Calabrese ha affrontato con successo!
In cosa consiste la MB Race Ultra Somfy Marathon?
"La MB Race Ultra Somfy Marathon è una gara di mountain bike estremamente impegnativa e prestigiosa che si svolge nel Sud della Francia, sul versante dell’Alta Savoia del Monte Bianco.
La gara si tiene nella regione delle Alpi, una delle zone più scenografiche e tecnicamente impegnative per il mountain biking in Europa. È caratterizzata da percorsi lunghi e tortuosi attraverso terreni montagnosi, che includono salite ripide, discese tecniche, e passaggi che mettono alla prova le capacità fisiche e tecniche degli atleti.
Parte dell'appeal della MB Race Ultra Somfy Marathon risiede nella sua lunghezza e difficoltà.
La gara - spiega Calabrese - prevede tre distanze e dislivelli da scalare, con difficoltà crescenti: 70 km e 3.500 metri, 100 km e 5.000 metri e, infine, 140 km e 7.000 metri. In quest’ultima versione, la MB RACE è la gara di mountain bike più difficile al mondo.
In 14 edizioni sono arrivati alla fine solo 1.079 atleti, circa 75 l’anno, su un numero medio di partecipanti per ogni edizione che arriva a circa 1.400!!
In sintesi, la MB Race Ultra Somfy Marathon rappresenta il vertice delle sfide nel mondo del mountain biking, offrendo ai partecipanti un'esperienza epica e indimenticabile tra le montagne delle Alpi francesi".
Cosa ti ha spinto a gareggiare in una competizione così estrema?
"La MB Race Ultra Somfy Marathon non è solo una prova di resistenza fisica, ma anche mentale.
Andare in mountain bike su percorsi alpini non ha nulla a che vedere con altre esperienze di biking: occorre mantenere la concentrazione altissima per ore su ogni sasso, radice, tronco, roccia, etc. Le difficoltà del percorso sono numerosissime e, contrariamente a quanto si possa pensare, ci si rilassa
un attimo in più in salita mentre in discesa le difficoltà si decuplicano e i rischi di caduta e/o di rotture tecniche diventano altissimi.
La gara attira partecipanti da tutto il mondo, da professionisti a dilettanti, tutti con l'obiettivo comune di sfidare i propri limiti personali e di testare le proprie abilità contro alcuni dei migliori concorrenti nel mondo del mountain biking. La motivazione nell’affrontare una gara estrema come la MB Race Ultra Somfy Marathon - prosegue Calabrese - è una combinazione di desiderio di sfida personale, passione per lo sport, spirito di competizione, voglia di avventura e crescita personale ed esempio per i miei figli.
Questi elementi si uniscono per creare una potente spinta a partecipare e dare il massimo in un evento così impegnativo.
Io sono un docente universitario di discipline manageriali e sono anche un manager e quello che più mi sta a cuore è insegnare ai miei tre ragazzi che non ci sono obiettivi irraggiungibili. Che nello sport come nella vita, anche se veniamo messi di fronte a salite infinite e che ci atterriscono, non dobbiamo mai dimenticare che la nostra mente ha un potere enorme, il potere della volontà. Voglio che loro vedano con l’esempio quotidiano di papà e di sportivo che se veramente si desidera qualcosa e ci si impegna profondendo ogni energia, non abbiamo limiti".
A che tipo di allenamento e stile di vita ti sei sottoposto per arrivare pronto a questa gara?
"Partecipare ad una gara che dura circa 15 ore, senza alcuna sosta e in condizioni tecniche estreme, richiede naturalmente una preparazione certosina. Non c’è alcuna possibilità di improvvisare. Certo, serve anche un pizzico di fortuna – ad esempio, per non forare o subire danni tecnici durante i numerosissimi passaggi incidentati nei boschi e sulle rocce taglienti – ma la preparazione fisica e mentale è determinante. Per preparare una gara da 7000 metri di dislivello in soli 140 km – il che significa salite di pendenza estrema e discese ripidissime – occorre accumulare durante un anno di preparazione non meno di 150.000 metri di dislivello. Il mio ritmo di allenamento mi porta a raggiungerne circa 260.000 l’anno, come a dire scalare in un anno circa 30 volte l’Everest. Un ruolo altrettanto importante lo riveste la nutrizione. Durante questa gara il mio corpo ha richiesto circa 7000 calorie, in 15 ore. La norma per una persona come me è di circa 2000 in una giornata di 24 ore. Dunque, è come se avessi speso l’energia necessaria a 3 giorni e mezzo, in poco più di mezza giornata.
Anche a questo tipo di stress occorre abituare l’organismo con una alimentazione adeguata ricca di carboidrati e proteine, priva di zuccheri semplici e di grassi “cattivi”.
Quali problemi hai affrontato e come li hai superati, nel corso della gara?
"Le difficoltà maggiori, oltre naturalmente all’asprezza del dislivello da scalare, sono state generate dalle pessime condizioni del terreno. Nei 15 giorni precedenti la gara - rivela il biker battipagliese - ha piovuto senza sosta. Il
terreno argilloso diveniva colla in salita, appesantendo le ruote, e sapone in discesa, rendendo la bici quasi ingovernabile. Per fortuna, almeno durante la gara, le piogge ci hanno risparmiato.
Gli organizzatori sono a conoscenza delle enormi difficoltà generate da questo tipo di terreno e, durante il percorso, erano allestiti 3 punti tecnici con idropompe per potersi fermare per alcuni minuti e lavare la bici. Nonostante questa accortezza, il fango era ovunque e ho dovuto purtroppo subire una decina di cadute durante i 140 km di gara. In una, in particolare, poco dopo il 90esimo km, ho riportato un forte trauma al ginocchio destro. L’unica cosa che ho potuto fare è continuare la gara in compagnia di quel dolore che, soprattutto in salita, mi ha costretto davvero a stringere i denti".
Quali sensazioni, pensieri e stati d'animo attraversano un biker durante una
competizione così dura e lunga?
"Affrontare una gara come la MB Race Ultra Somfy Marathon è una vera e propria montagna russa di emozioni e sensazioni che rendono l'esperienza estremamente intensa e memorabile. L’adrenalina gioca un ruolo essenziale nel produrre energie fisiche e mentali che, al di fuori di questo tipo di contesto, non vengono a galla. Si passa dall’eccitazione e dall’euforia delle fasi iniziali o quando si supera indenni un tratto particolarmente difficile; a fasi di ansia e paura quando c’è da affrontare passaggi tecnici molto
rischiosi, magari su zone esposte su un versante della montagna; a momenti di sconforto e frustrazione che emergono durante salite particolarmente impegnative o quando le energie cominciano a scarseggiare e si rimane da soli in una montagna che non si conosce.
Nonostante l’allenamento e la preparazione, infatti, dopo le prime 7/8 ore di gara - ammette Giuseppe Calabrese - la fatica muscolare e il dolore, in ogni parte del corpo, sono inevitabili. Le gambe bruciano, il collo e le spalle sembrano aver subito infinite legnate, la schiena fa male e le mani e i polsi tremano e diventano sempre più doloranti ad ogni nuova discesa, a causa delle forti vibrazioni indotte dalla velocità elevata sul terreno sconnesso. Bisogna mantenere sempre alta la concentrazione e rispettare la strategia di gara, oltre che dal punto di vista tecnico, anche da quello nutrizionale. Mantenere un adeguato livello di idratazione e alimentazione è cruciale. Per avere un’idea, durante la gara ho consumato 7 borracce da 0,75 litri e ho mangiato circa 90 grammi di carboidrati l’ora (in polvere idrosolubile o gel) per 15 ore".
Aver tagliato il traguardo finale, cosa evidentemente affatto scontata, è la soddisfazione più grande per chi si sottopone a sacrifici così impegnativi.
"La determinazione personale è messa a dura prova. La mente può oscillare tra il desiderio di fermarsi, per porre fine al dolore avvertito in ogni parte del corpo, e la spinta a continuare.
Stare in sella per oltre 15 ore è un concetto non facile da afferrare dal punto di vista cognitivo per chi non pratica questo tipo di sport: basti pensare - evidenzia Calabrese - che il viaggio in auto, da Battipaglia alla Francia, di circa 1100 km, è durato poco più di 10 ore, e continuare a pedalare nonostante la fatica e il dolore fino a completare una sfida tanto difficile ripaga con tanta soddisfazione e orgoglio. Soprattutto se
ripenso al primo tentativo nel 2023 mancato per un soffio proprio a causa di una rottura tecnica dopo oltre 13 ore di gara e a soli 18 km dall’arrivo. Scoprire poi, l’indomani scorrendo le classifiche ufficiali, di essere stato l’unico italiano a tagliare questo traguardo mi ha gratificato ulteriormente".
Paolo De Vita